L’algoritmo del successo per diagnosticare noduli maligni tiroidei

Area di ricerca: Oncologia

Gabriella S.* (57) è da poco diventata nonna. Ma la felicità della nascita del suo primo nipotino è oscurata da un male terribile: nel 2019 a Gabriella S. è stato diagnosticato un cancro al seno. Da qualche mese è dunque costretta a sottoporsi a sessioni di chemioterapia che la sollecitano molto a livello fisico e mentale e che non le permettono di fare la nonna come vorrebbe. Qualche giorno fa Gabriella S. riceve un’altra brutta notizia: un nodulo alla tiroide. Il suo oncologo le dice di non preoccuparsi: questi tumori sono tra quelli più frequenti e hanno una prognosi eccellente. Ma per Gabriella S. l’annuncio è sconcertante e lo stress è altissimo.

Descrizione del progetto

I noduli della tiroide sono in realtà molto comuni e nella maggior parte dei casi sono benigni. Essi necessitano tuttavia di essere valutati in maniera diagnostica per escludere eventuali patologie tumorali o eventuali disfunzioni future. La PET/CT è uno degli esami di diagnostica per immagini più innovativi: esso viene condotto grazie all’unione di due tecnologie, per l’appunto la PET (dall’inglese Computed Tomography, Tomografia ad Emissione di Positroni) e la CT (dall’inglese Computed Tomography, cioè Tomografia Computerizzata, in passato conosciuta come TAC). L’esame PET/CT può essere fatto ricorrendo ad una sostanza che permette di studiare in modo più preciso la natura della maggior parte dei tumori e di alcune forme di infezione o di infiammazione: l’FDG. L’FDG è una sostanza debolmente radioattiva simile ad uno zucchero usata come tracciante radioattivo. Siccome tutte le cellule ricorrono al glucosio come alimento per il loro funzionamento, lo stesso fanno le cellule di un tumore o quelle di tessuti infiammati o con un’infezione, le quali però tendono ad aumentare il loro consumo di glucosio. Una volta infuso e distribuito nel corpo, l’FDG è dunque particolarmente visibile nella sede dove si trova il tumore, l’infiammazione e l’infezione, ed emette delle radiazioni che vengono registrate dalla macchina PET/CT e trasformate in immagini.

La sola analisi delle immagini di un esame PET/CT non basta però per discriminare quali di questi noduli siano veramente aggressivi. Grazie alla tecnica della radiomica dei noduli tiroidei, le immagini possono ora essere elaborate da un sistema di calcolo complesso basato sui big data, il quale permette di estrarre 3-4 variabili che combinate sono in grado di predire se il nodulo sia maligno o meno con un’accuratezza del 97%. E, soprattutto: a pazienti già fortemente sollecitati come Gabriella S. vengono evitate procedure invasive e non appropriate, permettendo loro di combattere una battaglia alla volta.

*Nomi e immagini sono totalmente anonimizzati.

Grazie al progetto sulla radiomica dei noduli tiroidei condotto dall’Istituto Imaging della Svizzera Italiana (IIMSI), è stato possibile scoprire e derivare sulla base della PET/CT un algoritmo specifico in grado di escludere con un’accuratezza del 97% noduli maligni tiroidei.

Responsabile del progetto: Prof. Dr. med. Luca Giovanella, Direttore clinico e primario Centro Diagnosi e Terapia delle Malattie Tiroidee, Medicina nucleare e Centro PET-CT

Collaborazioni: Istituto Imaging della Svizzera Italiana dell’EOC (CH)

Sostenitori: Ente Ospedaliero Cantonale